QUESTO È LA STORIA DI MIO FIGLIO CHE MORÌ DI LEUCEMIA ALL'ETÀ DI 11 ANNI

Voglio raccontare la mia storia, o meglio dire, la storia del mio figlio defunto che morì di leucemia all'età di 11 anni.

Prima di tutto voglio dire che mi tormentavano innumerevoli domande: perché un bambino di dieci anni doveva passare tra così tante sofferenze, perché Dio ha lasciato, da chi viene questa malattia, da Dio o dal male, ma Dio ha dovuto lasciarlo perché il male non ti puo fare niente se Dio non lo permette, Lui è il sovrano assoluto sopra di tutto... ed innumerevoli altre domande e conclusioni nella mia testa, tanto dolore, sofferenze e lacrime. Ci sono molte cose che io ancora adesso (dopo 2 anni e mezzo) non so, so esser arrabbiata su Dio, ma cerco di credere che ciò che è successo è per un bene e so che un giorno lo scoprirò.

Voglio dirvi come mio il bambino fra la sofferenza e la sopportazione che passava diventava sempre più legato con Dio, e come ha cambiato al meglio tutti noi intorno a se. Negli ultimi momenti, verso la fine, mio figlio ha cominciato a parlare di Dio, pregare per le altre persone nel bisiogno, scrivere e disegnare su Gesù. Si chiudeva nella sua stanza per pregare, e quando gli ho chiesto se prega per se, lui mi ha guardato stupito, con particolare splendore nei suoi occhi che aveva negli ultimi momenti e mi ha detto: No, mamma, prego per quel bambino che è malato (come se a lui la preghiera non è più necessaria).

Parlava spesso di Gesù come suo migliore amico, e siccome io passavo il maggior tempo con lui, mi sapeva chiedere chi fosse il mio migliore amico, e quando nominavo una persona concreta, mi corregeva con la domanda: Ma non è Gesù il tuo amico migliore? Un giorno gli sono venuta in visita mentre era nell'ospedale. Mi aspettava abbastanza triste e doveva dirmi, come se mi chedesse scusa: Sai mamma, io mi sono concordato con Dio, se non potrò più essere come prima: correre, colpire la palla, giocare a calcio... voglio una vita nuova, voglio andare a Dio. Per me era un colpo terribile, ma non mi ha neanche chiesto, io non lo lascerò mai: Devi lottare, io non voglio ascoltare tali cose! E lui era così tranquillo, anche se era triste. Allora le cose hanno cominciato a svilluparsi velocemente, gli è rimasto ancora poco tempo, anche se non lo sapevamo, era una lotta fino alla fine. È finito sulla terapia intensiva, sul respiratore. Tutti pregavamo, vegliavamo, avrei rovesciato il Cielo e la terra solamente che Dio lo salvasse, lo lasciasse vivo, non l'ho dato, non potevo accettare che se ne andasse, credevo fortemente che Dio lo avrebbe capito e lo avrebbe lasciato vivo, ma loro si erano già accordati! Dopo la lotta, mio figlio, con stupore di tutti i medici, ha cominciato a stare meglio. Sono venuti da me dicendomi che loro non hanno fatto niente, tutti si asspetavano che non sopravvivrà. Io solamente ho chiesto a loro se credono in Dio.

Quando gli hanno tolto il respiratore, le prime parole che mi ha sussurato erano: Sono stato da Gesù!  Gesù aveva un vestito bianco!

La felicità ha durato poco perché il suo stato è peggiorato improvvisamente. Di nuovo il respiratore e tutto il resto. Guardandolo in uno stato così, indifeso, nudo, crocifisso, tormentato, sdraiato su quel letto, mi si spezzava il cuore, mi sono messa davanti alla croce su quel muro e ho detto: Va bene, Dio, ecco, lo lascio, se così deve essere, e se invece pensi di guarirlo, ti prego fallo subito perché ciò è troppo per tutti! Sono passati tre giorni e il mio angelo è andato al suo Gesù, nella vita nuova, che voleva così tanto, in pace e con il sorriso sul volto, che non dimenticherò mai. Se avessi avuto tanta fede e avessi lasciato dall'inizio che sia la voglia di Dio forse non avrebbe sofferto così tanto! Le domande sono innumerevoli ma io voglio solo credere! In qualche parte profondamente, nel silenzio del mio cuore sento la sua vocina: mamma, non piangere perché questa vita passerà come un battito e allora saremo insieme per sempre nell'eternità!

Mi regge il fatto che credo che adesso a lui è veramente molto bello, e il mio dolore era così presente che si è "indurato" e non lo sento più bensì lo accetto e vivo con esso.